SULLA TANGENZIALE DI PALERMO SCATTA IL RIFLESSO CONDIZIONATO DEI NO-TUTTO E DEI BENALTRISTI
L’avvio della progettazione della tangenziale di Palermo è, per noi, la buona notizia di fine 2022. L’attendavamo da tempo, e ci aspettavamo, invero, una svolta in tal senso dopo l’avvicendamento a Palazzo delle Aquile: l’avversione della giunta Orlando verso alcune “grandi opere” non era di certo un mistero per nessuno. E la tangenziale, in questo ambito, faceva il paio con la metropolitana automatica leggera, da sempre messa in secondo piano a favore del grande amore orlandiano: il tram.
La giunta Lagalla, dopo aver di fatto assecondato le scelte a favore di quest’ultimo vettore di trasporto pubblico, ha mantenuto la rotta rispetto all’asse autostradale che dovrebbe unire le due autostrade che pervengono in città: la A19, da Catania e Messina, e la A29 da Trapani e Punta Raisi.
Almeno in questo caso la scelta politica rispetta la necessità trasportistica, che per quanto riguarda la tangenziale, è per noi assolutamente scontata. Chi scrive, ha eseguito studia i flussi della circonvallazione dal 1996, e già da allora aveva avuto modo di comprendere l’inadeguatezza di quest’asse stradale, nato per girare intorno alla città e rimastovi irrimediabilmente intrappolato.
Una condizione che impone alla circonvallazione non soltanto di svolgere la funzione di attraversamento della città, ma anche di convogliare al suo interno i flussi provenienti dalla vasta area metropolitana circostante: da est ed ovest, ma anche da monte. Un doppio ruolo difficile da sostenere: quello di “gronda” e quello di distribuzione dei flussi veicolari verso gli assi principali di penetrazione all’interno della città: via Notarbartolo e via Ernesto Basile sopra tutti.
Un compito che potrebbe persino essere complicato dall’attivazione di quelle sinergie che da sempre chiediamo per razionalizzare la mobilità cittadina e sfruttare al meglio le esistenti infrastrutture di trasporto pubblico. Basti pensare al ruolo che potrebbero avere alcuni parcheggi scambiatori ubicati in prossimità della circonvallazione stessa, fra cui quello di viale Francia, l’unico in grado di assumere questa funzionalità nell’ambito del gruppo di parcheggi il cui bando è appena stato pubblicato.
Non sfuggirà a chi legge, per le poche considerazioni di cui sopra, che la circonvallazione va ormai intesa come infrastruttura di scorrimento, prettamente urbana. Sempre più “prestata” al ruolo di smistamento di tipo extraurbano e sempre meno adeguata a sostenerlo. Per questo la presenza di una nuova cintura autostradale esterna appare più che utile, indispensabile. E non teniamo conto, in queste considerazioni, degli enormi problemi che comporta la presenza di un solo asse di attraversamento, per giunta piuttosto “datato”: ricordiamoci di quanto accadeva, fino a non molti mesi fa, all’altezza del Ponte Corleone. O, meno gravemente, all’altezza di via Principe di Paternò.
LE CRITICHE IN SALSA POLITICA
Una carenza di cui Palermo può riscattarsi nel giro di pochi anni. Sempre che la politica non faccia altri danni a questa città. Le premesse ci sono tutte: all’indomani dell’incontro tra comune, Regione ed ANAS per presentare la nuova iniziativa progettuale, si sono scatenate sui siti web e sui giornali più schierati politicamente le solite obiezioni, improntate al pauperismo ed al benaltrismo. Ingredienti tipici dei discorsi che spesso sentiamo fare a proposito del Ponte sullo Stretto da improvvisati trasportisti ed ambientalisti della domenica.
E’ facile per un’opera che presenta 9 km di gallerie e 3,5 km di viadotti diffondere allarmismo per l’impatto ambientale, con una ipocrita attenzione alla bellezza della Conca d’Oro. Peccato che quest’ultima verrà salvaguardata dall’impatto visivo del nuovo asse autostradale proprio dalle gallerie. Ma, incuranti di ciò, gli ambientalisti che non hanno mosso un dito di fronte allo sradicamento dell’alberatura di viale Regione siciliana in nome del tram, di fronte al tracciato (appena abbozzato) della “pedemontana” hanno invocato lo scempio ambientale, oltre alle immancabili “problematiche idrogeologiche” presenti alle pendici dei monti che fanno da contorno alla città.
Grazie tante, verrebbe da dire. Non c’è tunnel, autostradale, ferroviario o di qualsiasi altra natura che non presenti “problematiche idrogeologiche” quali dissesti in superficie ed interferenza con le falde idriche, che invero abbondano in quei luoghi. Ma l’ingegneria è nata proprio per risolvere queste “problematiche” e molte altre.
Non è certo la prima volta che vengono eseguite opere simili ai piedi delle montagne, senza intaccare minimamente le sorgenti o la stabilità dei versanti. Gli esempi non si contano, ma vengono pedissequamente ignorati da quelli che potremmo battezzare “Notang” palermitani. I quali, probabilmente, non sono mai andati né a Catania né a Messina; per non parlare delle tangenziali di Firenze, Napoli o Genova, tutte abbarbicate sulle colline circostanti. Nella città della lanterna, per giunta, si sta realizzando la famosa “Gronda” ovvero una seconda tangenziale che corre quasi esclusivamente in viadotto ed in galleria, in pieno Appennino Ligure. Dove, immaginiamo, non mancano le falde idriche ed i fenomeni di dissesto.
Quest’ultimo intervento prevede una spesa di 4,2 Miliardi di euro. Eppure, i benaltristi “de noantri” si strappano già le vesti per la spesa prevista per la tangenziale di Palermo, che ammonterà a meno di un terzo: 1,3 miliardi. Palermitani che in nome del futuro della loro città preferiscono che le loro tasse contribuiscano al benessere ligure. Roba da cittadinanza onoraria (pensaci, sindaco Bucci!).
Mensione speciale, infine, per gli ex supporters orlandiani, non a caso appassionati sostenitori della rete tranviaria, che dopo aver predicato per anni la centralità dell’aeroporto Falcone-Borsellino ed averne esaltato la governance (nominata dall’amministrazione amica) si schierano compatti contro la tangenziale. Opera fortemente voluta proprio da chi vuole rilanciare lo scalo palermitano, il cui bacino di utenza viene enormemente limitato dalla necessità di attraversare la città di Palermo provenendo da est. Al punto che i residenti a Termini Imerese e dintorni, ovvero a 30 km dalla città, preferiscono già recarsi a Fontanarossa, molto più distante ma raggiungibile in tempi inferiori e, soprattutto, più certi.
E così, proprio chi ha sempre fatto il tifo per lo scalo di Punta Raisi si trova adesso, più o meno consapevolmente, a penalizzarne lo sviluppo in termini di transiti a favore dello scalo catanese. Ecco cosa succede a chi valuta ogni cosa alla luce dell’appartenenza politica e rimane lontano anni luce dall’applicazione di qualsiasi valutazione tecnica, oltre che logica. Tra tanti vantaggi, è uno degli inconvenienti in cui incappa chi vive con la tessera in tasca.
LE NOSTRE PROPOSTE
Chi scrive, è abituato ad esaminare e studiare, senza preconcetti, prima di giudicare. Ed il nostro giudizio sulla tangenziale di Palermo lo abbiamo reso pubblico in tempi non sospetti, mettendoci ovviamente la faccia. Non senza riserve su alcuni aspetti del tracciato che riguardano proprio l’inserimento ambientale. Un aspetto a cui non siamo affatto insensibili, ma che vogliamo contribuire, se possibile, a migliorare; a dimostrazione che chi scrive non si schiera aprioristicamente con nessuno, e sottolinea le criticità anche di fronte ad un intervento che ritiene, in larga parte, condivisibile.
Tanto è vero che, rispetto al tracciato ipotizzato, abbiamo già proposto delle varianti, anche di una certa consistenza: sono visibili in questo articolo. E’ possibile che vengano prese in considerazione, durante l’iter approvativo ed il passaggio attraverso i pareri che occorrerà raccogliere dagli Enti di salvaguardia territoriale ed ambientale. E che certamente renderanno necessario rivedere alcuni tratti di un tracciato, soprattutto quelli ricadenti in alcune aree: ad esempio, la delicatissima zona prospiciente Boccadifalco.
Lo spirito delle nostre proposte è proprio quello di ridurre il consumo di suolo in determinati ambiti. In più, abbiamo pensato a soluzioni che incrementino la funzionalità della nuova infrastruttura avvicinandola ai principali assi di penetrazione urbana. E rendendoci conto, avendo messo mano agli aspetti concreti dell’inserimento territoriale di una simile opera, di quanto sia difficile riuscire a risolvere le problematiche presenti. Difficile, ma non impossibile: la tecnica ingegneristica, lo ripetiamo, esiste proprio per questo.